Mettere a nudo le proprie emozioni e provare vergogna rileggendosi o riguardando le proprie opere. Che sia attraverso un racconto scritto o uno scatto fotografico non importa. Insomma, vale sempre il detto “al cuor non si comanda”. Lo hanno ribadito più volte le giurie di Caffè Letterario e di Fuori Fuoco (i due Premi promossi da Caffè Moak e assegnati ai migliori scrittori e fotografi), che sabato 18 novembre sono salite sul palco della 16° Serata di Premiazione – condotta da Betty Senatore – per svelare i vincitori dell’edizione 2017.
Giudici del XVI Caffè Letterario Moak il presidente Andrea Vitali (scrittore), Guido Conti (scrittore), Davide Rondoni (poeta), Nadia Terranova (scrittrice e giornalista) e Luca Nicolini (libraio).
“Bisogna leggere tanto, leggersi e rileggersi – ha detto Nadia Terranova. Quando scrivete abbiate il coraggio di buttare fuori tutto ciò che avete dentro, osando con molta vergogna. Solo così, se c’è, viene fuori il talento. E chi non ha talento non è neppure in grado di tirare fuori ciò che ha dentro”. Un incoraggiamento a chi vuole mettersi in gioco e a chi lo ha già fatto. Come Lucio Aimasso che con il racconto “Un caffè in terra straniera” ha vinto il primo premio. “La dignità di una donna, – questa la motivazione – un caffè notturno in un hotel occupato dai nazisti in ritirata, sono gli elementi di un racconto che tra storia e finezza psicologica ci porta nel cuore di un evento ricco di sfaccettare, di luci e di ombre, reso con una prosa vivida ma essenziale“.
Il giovane Alberto Carta – che per la prima volta e in pochissimi giorni ha scritto il suo primo racconto “Kauà” – si è aggiudicato il secondo posto. A Gaia Lauria, invece, il terzo premio con l’inedito “Mare acerbo”.
E per chi pensa che scrittori o poeti si nasce, si sbaglia. A dirlo uno dei giurati Davide Rondoni , tra i più importanti poeti contemporanei in Italia: “La poesia muove il motore del mondo: tutte le volte che mettiamo a fuoco le cose importanti della vita, da quelle che ci provocano meraviglia a quelle che ci danno dolore, tutti (non solo chi scrive rime) ricorriamo al linguaggio poetico. Basta fare un giro sui social e al cimitero (sorride)”. Forse la pensava così anche il poeta “maledetto” Charles Baudelaire, che traduceva in poesia i suoi momenti di “ennui (noia) e ideal (felicità) e al quale Moak in questa edizione del concorso ha voluto rendere omaggio celebrando i 150 anni dalla sua scomparsa.
Se il bando di Caffè Letterario non chiedeva esplicitamente di tirare fuori le proprie emozioni nell’inedito ispirato al caffè, quello di Fuori Fuoco parlava chiaro: “sintetizzare una storia in tre scatti. Raccontare il caffè in tutte le sue forme, attraverso persone, oggetti e luoghi, mettendoci il cuore (come suggeriva l’illustrazione grafica)”.
E’ vero, la macchina fotografica è come la penna o la tastiera per chi scrive: uno strumento, apparentemente freddo, materiale. Ha però l’enorme potere di dividere fotografo e spettatore. Ma anche di unirli, attraverso un filo invisibile, su cui scorre l’emozione di chi osserva attraverso l’obiettivo e di chi, dall’altra parte, guarda l’opera. L’esperimento riesce, però, solo se c’è empatia tra le parti.
E’ il caso di Sofia Riva, Anna Giannuzzi e Stefano Marino (nella foto sopra), i vincitori della IV edizione di Fuori Fuoco con i tre scatti “Pausa”, seguiti da Martina Federico – seconda classificata con l’opera fotografica “The coffee project” – e da Luigi D’Aponte, che ha ricevuto il terzo premio con i tre scatti “Risveglio Italiano”.
Loro, con le loro opere, hanno saputo emozionare ed entrare in empatia prima con la giuria – presieduta da Laura Serani e composta da Alberta Cuccia, Vincenzo Vigo, Maurizio Riccardi e Marco Lentini – che ha valutato gli elaborati. Poi con il pubblico, che ha potuto soffermarsi ad ammirare le opere esposte in una mostra.
Non c’è festa, però, senza musica. Più intima e ricercata che smuove le corde dell’emozione, l’esibizione dalla bravissima Eleuteria. Stringendo a se, come un figlio, il suo violoncello Orfeo, ha incantato il pubblico con i suoi inediti “A metà” e “Brucerei il mare”. Ad aprire e chiudere il sipario della serata, invece, il concerto della Banda Musicale Città di Modica Belluardo-Crisafulli, che rappresenta da sempre la musica che va incontro alla gente. L’intento di Moak era anche questo: condividere i festeggiamenti con la città che prende il suo nome e che ancora oggi ne ospita la sede.
Parola d’ordine, quindi, di questa edizione è “il cuore”, inteso come motore che aziona i sentimenti, la passione. Quella stessa passione che 50 anni fa ebbe Giovanni Spadola quando fondò Moak e che sabato sera, celebrandone l’anniversario, è riuscito a trasmettere anche a chi il caffè non lo beve, ma si lascia inebriare dal suo profumo, lo racconta o lo fotografa. Una passione trasmessa prima di tutto ai figli Alessandro e Annalisa, che dal palco guardavano i loro genitori commossi e orgogliosi, tra un pubblico festante.