ADI Disegno industriale. Vittorio Venezia

Ricerca, disegno, materia. Sono gli elementi che contraddistinguono le opere del giovane architetto e designer palermitano Vittorio Venezia. Ciò che emerge nelle sue opere sono la variabilità dei materiali usati – dal poliuretano, alla terracotta, al metallo, alla resina – e la varietà degli oggetti disegnati e accostati tra loro, che stimolano l’osservatore, riportandolo nello stesso immaginario e luogo di ispirazione dell’autore. Alcuni dei suoi progetti sono stati esposti alla Triennale di Milano, al Louvre e al MAXXI, per i quali ha vinto anche importanti premi, come il Grand Prixe Emile Hermes 2008, Promosedia 2012 e Cristalplant 2013. Nei suoi progetti ama utilizzare differenti materiali, trascurati o scartati, che “danno dignità e nuova estetica agli oggetti stessi”.

Vittorio Venezia

 

Il lavoro di team-work, come sostiene il critico d’arte Gillo Dorfles, costituisce uno dei fattori differenziali tra il disegno industriale e le altre forme produttive e soprattutto creative che lo precedettero. In questo senso, le collaborazioni con l’Atelier Mendini, lo studio Santachiara e con Giulio Iacchetti che importanza hanno avuto nella sua crescita formativa?

Sono fermamente convinto che la qualità di un progetto dipenda da molteplici momenti di confronto. Dopo la laurea in architettura ho avvertito una carenza nella mia formazione, prevalentemente fondata sulla composizione architettonica e sulla tecnologia del cemento armato come unica panacea a tutte le soluzioni. Preparai quindi un portfolio e decisi di presentarmi alla porta di tutti gli studi del settore. Sono stato molto fortunato perché ho avuto la possibilità di lavorare fianco a fianco con alcuni dei designer che più ammiravo.Tra tutti, lo studio Iacchetti è il luogo dove ho potuto esprimermi con maggiore libertà. Giulio Iacchetti è il designer a cui sono più legato. Lo apprezzo, oltre che per la sua capacità creativa, per la sua qualità umana.

Nelle sue opere si nota una sperimentazione concettuale dei materiali selezionati, come nella poltrona in poliuretano o nella sedia in multistrato di abete piegato e incollato. Cosa rappresenta la materia in un progetto?

Il mio interesse è capire, a volte con sorpresa, la complessità che lega la forma alla materia. In questo processo di ricerca è di grande aiuto il suggerimento che ci offre la natura. Progettare significa prima di tutto conoscere i materiali, la loro consistenza, la flessibilità, la resistenza e le tecnologie con cui è possibile trasformarli, lavorarli, alterarli. Penso che il mio lavoro sia basato sull’espressività della forma in relazione alle proprietà della materia.

L’opera “Le cupole”, realizzata per l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, la definisce “progetto s/coordinato”. Perchè?

“S/coordinato” perché tutte le componenti, seppur legate al tema della memoria, non hanno una coerenza formale fra loro. Ogni oggetto è uno stimolatore di ricordi, un souvenir indiretto di luoghi precisi a cui appartengo: l’Italia. Alcuni di questi oggetti comunicano rimandi o assonanze geometriche con monumenti, altri ricordano sensazioni vissute nelle azioni quotidiane. Disegnarli e realizzarli con artigiani italiani, dislocati in vari punti del territorio, è stato come riscoprire le mie radici. Questa collezione mi ha fatto comprendere l’importanza del lavoro artigianale e l’inestimabile capacità espressiva del Belpaese.

 

Stefano Micelli in “Futuro artigiano” scrive: «l’artigiano italiano ha il compito di interpretare e completare il ruolo del progettista». Quanto è importante, dunque, il rapporto tra artigiani e designer e quindi tra designer e committenza?

Il libro di Stefano Micelli narra della possibilità di far ripartire il nostro paese dal lavoro artigianale, coadiuvato dall’uso di nuove tecnologie. Ogni volta che un artigiano ha realizzato un mio disegno, ho avuto la sensazione che aggiungesse qualcosa che non saprei definire; come se un’altra sensibilità si mescolasse alla mia generando un valore nuovo, impossibile da prevedere. È questo valore aggiunto che deve essere preservato, così come deve essere protetta la stretta collaborazione tra progettista e artigiano. Solo un rapporto armonico fra i due può generare risultati di eccellenza.

Che cosa significa per un giovane designer siciliano associarsi ad ADI Sicilia?

Non credo nelle associazioni, ma nelle singole persone. Penso che Vincenzo Castellana come direttore di ADI Sicilia sia stato capace di generare una spinta innovativa nel settore del disegno industriale in Sicilia. È stato sicuramente positivo coinvolgere e mettere in contatto industriali, artigiani, giornalisti, scuole, creativi di ogni provenienza e importanti personalità come Vanni Pasca. Vincenzo è stato un catalizzatore e promotore di eventi che hanno riacceso gli interessi in Sicilia per una disciplina che nel resto del mondo è considerata come l’elemento chiave per fare impresa e innovazione. Associarmi ad ADI Sicilia mi ha dato la possibilità di incontrare persone con i miei stessi interessi e di essere sempre a conoscenza di tutte le attività che si svolgono nel territorio siciliano, italiano e internazionale.

Quali sono i suoi progetti futuri?

I miei progetti futuri vanno in diverse direzioni. Penso che continuerò la mia attività didattica presso la Accademia Abadir di Catania. Stare a stretto contatto con i giovani è un’esperienza che mi arricchisce e mi aiuta a riflettere sull’esercizio del progetto. Parallelamente sto ultimando la linea bagno “Controstampo” per la Falper di Bologna. In futuro spero di progettare e, magari rinnovare, settori che non ho ancora affrontato, apportando nuove competenze negli ambiti più vari.

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