Giovanni Caccamo: tenete spento il vostro smartphone e coltivate relazioni.

E’ un giovane cantautore, classe 1990, ma con le idee molto chiare e una profonda sensibilità e spiritualità. Giovanni Caccamo, modicano di nascita, ma milanese di adozione, ha da poco partecipato al suo terzo Festival di Sanremo (quello del 2015 lo ha vinto nella sezione giovani), ma ha soprattutto un padrino d’eccezione: Franco Battiato. Betty Senatore di Radio Capital lo ha incontrato per noi.

insieme a Caterina Caselli e Franco Battiato

Nell’estate del 2012 hai conosciuto Franco Battiato, artista che ti ha cambiato la vita. E’ vero che per incontrarlo lo hai pedinato?
Sì, sulla spiaggia di Donnalucata (Rg). Dopo cinque anni che avevo cercato l’occasione della mia vita a Milano, l’ho avuta invece nella mia terra. Gli anni prima del suo incontro sono stati comunque importanti perché mi hanno permesso di capire meglio cosa potesse andare bene e cosa no, cosa migliorare e come farlo. Poi ho iniziato a scrivere. Le canzoni che creo sono la base del mio percorso.

Franco Battiato ti ha mai dato dei consigli?
Mi ha detto di creare una sfera di protezione alla mia creatività, perché avrei sicuramente affrontato momenti più commerciabili o meno fruttuosi, magari più intimisti, ma dato che il percorso di un artista è fatto così, bisogna mantenere una certa direzione e non snaturarsi mai.

Come autore hai scritto, oltre che per Battiato, anche per Malika Ayane, Carmen Consoli, Emma Marrone, Francesca Michelin e Deborah Iurato. Sei tu che pensi al destinatario quando scrivi oppure consegni un tuo pezzo a cose fatte?
Le canzoni che ho scritto per altri nascono da un racconto che l’artista mi ha fatto e che mi ha portato poi a comporre per lei/lui. Ci sono però brani già scritti da me che hanno una loro storia in cui chi l’ascolta potrebbe anche rivedersi. Di solito con i cantanti ci vediamo, chiacchieriamo un pò e spesso da questo incontro nasce un feeling che porta poi alle collaborazioni musicali.

“Eterno” è il tuo ultimo album, nei sentimenti è una parola molto impegnativa. Tu credi in questo?
Per la mia generazione è importante crederci, perché si vive molta sfiducia nelle relazioni. Il mio album parla di relazioni a 360 gradi, d’amore, sì, ma anche di amicizia, di fede. Non è un caso che nel cd ci siano dei semi di zinnia.

Perchè hai scelto i semi di un fiore. Cosa rappresentano?
E’ un invito a spegnere, almeno una volta a settimana, il nostro smartphone e a coltivare le relazioni: prendere per mano una persona a cui si tiene per coltivare il rapporto. Bisogna mettere da parte un pò l’io e andare verso il noi. La nostra società và solo verso l’ “io”! Tutto comincia con I: iPhone, iPad, iMac.

Hai parlato dei rapporti con la fede e Dio. Sei credente? Vai in chiesa?
La mia è una spiritualità “della gratitudine”. Sono credente e per questo ogni mattina e ogni sera ringrazio per quello che ho ricevuto e per quello che vivrò nella giornata che sta per cominciare. La vita è un viaggio che ha enormi misteri, ma anche tante bellezze; visto che il tempo non dipende da noi, piuttosto che avere l’arroganza di gestirlo e dare delle risposte a domande che rimarranno sempre dei misteri, l’unico modo che abbiamo è affidarci alla bellezza, alla positività, all’armonia e all’amore. Chi meglio di Dio, simbolo di tutto questo, può darlo?

Sei tutor in questa edizione di “Amici”. Che consiglio dai ai ragazzi, alla luce della tua esperienza?
Dato che c’è molta difficoltà a identificare la fiamma che arde in ognuno di noi – che poi è l’unico modo per non cadere nel pantano della crisi, dell’inettitudine e della negatività – invito i ragazzi a capire quale sia la loro passione. Una volta trovata, faranno prima o poi centro. Se un ragazzo vuol fare il cantante deve evitare di cercare l’approvazione dall’esterno (come i followers sui social), ma capire che quella è la sua vita e se il risultato non arriverà nei primi tempi, vorrà dire che bisognerà aspettare. Le difficoltà prima o poi si presentano per tutti e bisogna solo resistere e superarle.

Parliamo della bevanda legata a molti rituali: il caffè. Qual è il tuo primo ricordo? Lo consumi in grande quantità?
Il ricordo è legato a mio papà che tornava a casa ogni giorno a pranzo e si stendeva sul divano per riposare, in attesa che il caffè fosse pronto. Per me quel rumore è tutt’ora un timer di quiete prima della (ri)partenza. Io lo prendo solo al mattino, ma ne preparo tanto per gli amici che vengono a trovarmi.

Ti manca la tua terra?
Moltissimo, ma so che con poco più di un’ora di aereo riesco ad andarci. L’auspicio per il futuro è quello di fare base in Sicilia.

Farai un tour di Eterno?
Partiamo in primavera con Beppe D’Onghia e il quintetto d’archi, già collaboratori di Lucio Dalla. 

E noi gli auguriamo il meglio, perché avrà un futuro costruito con basi solide e grande impegno!

giovanni caccamo

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