Intervista al campione olimpico Giorgio Avola e al suo maestro Eugenio Migliore
Per Giorgio Avola – fioretto d’oro – il 2019 è iniziato bene: il podio a Parigi e poche settimane fa la Medaglia d’oro a squadre alla Coppa del Mondo di Tokyo. Agli ottimi risultati si aggiunge il 13° posto nella classifica “top 16” mondiale di fioretto. Adesso mente e corpo sono proiettati alle Olimpiadi 2020 in Giappone. Lo abbiamo incontrato insieme al suo maestro Eugenio Migliore, maestro ed amico anche fuori dalla pedana.
Giorgio, pronto a ripartire per Tokyo alle Olimpiadi 2020?
Parigi è stata una grande prova di forza, ma il risultato ottenuto ci fa ben sperare di arrivare serenamente alle prossime Olimpiadi di Tokyo. La squadra è compatta e i presupposti ci sono tutti. Gli ottimi risultati delle gare e lo spirito giusto ci rendono ottimisti. Adesso ci aspettano, però, mesi di intenso lavoro.
Sei stato uno dei primi atleti ad aver vinto una borsa di studio sportiva, che ti consente oggi di studiare alla Luiss. Come vivi questi due aspetti della tua vita, nel doppio ruolo di atleta-studente?
Giorgio Avola: Nel mondo dello sport mi chiamano atleta-studente e in quello universitario studente-atleta. Se da una parte è vero che ho una doppia carriera, dall’altra svolgendo attività agonistica di alto livello, dedico sicuramente più tempo alla Scherma.
Sappiamo che sei un amante del caffè. Lo bevi prima di una gara? E che tipo di bevanda preferisci?
Giorgio Avola: In verità il caffè è come un compagno di vita. Non posso farne a meno. E’ un ottimo aiuto, soprattutto da quando ho iniziato la doppia carriera. Quello della mattina è un rito irrinunciabile. La moka è sacrosanta, ma se mi trovo in giro per il mondo dove è difficile bere un buon espresso, pur di non rimanere senza caffeina, mi accontento di un caffè filtro o all’americana.
Eugenio, come sta andando la Scherma Modica?
Lo specchio di salute della Scherma Modica credo possa rivedersi nelle ultime settimane. Mentre eravamo con Giorgio a Tokyo e l’Italia vinceva la medaglio d’oro a squadre, contemporaneamente al Pala Moak a Modica si svolgeva il primo trofeo internazionale di Scherma per non vedenti, la disciplina paralimpica che ha avuto l’impulso di sviluppo a Modica e che ha visto per la prima volta quattro Paesi Europei confrontarsi con un regolamento comune”.
Come si diventa Campioni?
Per diventare campioni ci vuole sicuramente il talento, dote naturale che uno si porta dalla nascita, ma serve tanto lavoro e tanti sacrifici. Non esistono campioni che non abbiano sacrificato ore ed ore della loro vita in sala di allenamento.
Il consiglio o una frase detta dal tuo maestro che ti ha segnato positivamente e che oggi, nel ruolo di maestro, trasferisci ai tuoi allievi?
Più che una frase è un esempio: la determinazione nel raggiungere gli obiettivi e nel concretizzare quelli che sembrano solo sogni. Nel ruolo di maestro, Giorgio Scarso è stato per me un grande esempio, non solo come tecnico ma per come è riuscito con la sua determinazione e abnegazione al lavoro a portare la Scherma Modica ad alti livelli. Credere in se stessi per raggiungere gli obiettivi è il messaggio che ogni giorno cerco di trasferire ai miei allievi.
Nello sport il rapporto tra maestro ed allievo è fondamentale nel determinare il risultato delle prestazioni sportive. Come vi siete relazionati e quale è il giusto approccio che ciascuno deve avere nei confronti dell’altro?
Giorgio Avola: l’allievo e il maestro sono l’espressione, il frutto del lavoro di squadra. Tra me ed Eugenio c’è un rapporto ventennale che va al di là della Scherma. E’ il mio maestro da quando avevo poco più di cinque anni e da allora è stato anche maestro di vita.
Eugenio Migliore: Giorgio era un bambino quando è cominciato il nostro rapporto tecnico-allievo. Chiaramente il modo di relazionarsi è cambiato nel tempo e si è evoluto. In questo ventennio, come è giusto che sia, si sono alternati momenti di difficoltà e incomprensioni a momenti di grande sintonia. La capacità del maestro, per il grande ruolo di responsabilità che ricopre, è di adeguarsi ad ogni atleta, alle diverse età e alle diverse personalità.
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