Fino a poco tempo fa era solo un piccolo borgo che viveva nel quasi totale anonimato. Persino le autorità pubbliche lo avevano abbandonato alle sorti del proprio destino: restare un puntino geograficamente collocato nella nostra meravigliosa isola. Favara, a pochi passi dalla Valle dei Templi, dimenticata ed esclusa dai percorsi turistici, si è però riscattata, o meglio, a riscattarla come “deus ex machina” sono stati Andrea Bartoli e la moglie Florinda Saieva. Notaio lui e avvocato lei, uniti da una grande passione per l’arte contemporanea e soprattutto per la loro terra. Nel 2010 con coraggio e determinazione decidono di fare qualcosa non solo per loro, ma anche per la collettività, stravolgendo (positivamente) le giornate monotone degli abitanti del posto. In pochi anni riescono a trasformare il centro decaduto di Favara in un parco culturale turistico. “Farm Cultural Park” è oggi la rivincita di questo piccolo borgo, inserito tra le sei mete turistiche internazionali da visitare. Ammirati e contagiati da chi ancora oggi crede di poter costruire un mondo migliore e di inventare nuovi modi di pensare e fare cultura, abbiamo intervistato l’ideatore di questo bellissimo progetto, Andrea Bartoli.
Da cosa nasce l’idea di realizzare un progetto che porta il nome di farm cultural park?
Con mia moglie Flò avevamo un sano desiderio: vivere in Sicilia e poterci stare bene. Insieme a questo desiderio c’è stata la necessità di creare un ambiente fertile e stimolante per le nostre due bambine, ma anche la consapevolezza di assumerci una responsabilità rispetto al piccolo pezzo di mondo nel quale viviamo.
Cosa ha in comune la kasba araba con i sette cortili Bentivegna di Favara?
Place Jamaa el Fna, la principale piazza di Marrakech attorno alla quale si sviluppa la Medina é il principale luogo di ispirazione del progetto Farm Cultural Park. I Sette Cortili sono una Kasba siciliana dove piccole architetture bianche sono intervallate da sette piccole corti che nascondono due meravigliosi giardini. In uno di questi a giugno abbiamo inaugurato Riad Farm, un luogo destinato all’ospitalità e al relax.
Il blog londinese Purple travel vi ha inseriti al sesto posto fra le mete internazionali per gli amanti dell’arte contemporanea da visitare. Vi aspettavate un tale riscontro?
Sono stati molto generosi a paragonarci alle più importanti capitali del mondo dell’arte contemporanea. Tuttavia quello che a mio avviso rende veramente unica la nostra esperienza è la forza di trasformazione che ha avuto questo progetto sull’intera città e gli effetti che oggi sta determinando in tutta la Sicilia. Ci tengo molto a dire che dall’esperienza di Farm è nato Boom-Polmoni Urbani, un progetto che nei prossimi mesi, attraverso un concorso, premierà tre città siciliane per realizzare dei Polmoni Urbani che come Farm per Favara abbiano la forza di cambiare l’identità delle città che li ospitano e possano dare alla città stessa una dimensione di futuro.
Quali e a chi sono rivolti gli eventi artistico-culturali che promuovete?
Promuoviamo principalmente appuntamenti legati alla cultura del contemporaneo ma siamo molto interessati a temi come l’architettura a bassa definizione, il public design, l’agricoltura urbana. Qui la cultura è uno strumento nobile che ha dato vita ad una piccola comunità di sognatori che non hanno rinunciato all’idea di vivere in una Sicilia più bella, più etica e cosmopolita.
Dal 2010 cosa è cambiato nel settore turistico della vostra città e come hanno reagito gli abitanti di Favara?
Favara sino a cinque anni fa, era un luogo escluso da qualsiasi percorso turistico. Oggi è una piccola capitale della cultura, siamo su Lonely Planet con una recensione talmente importante che ci mette persino in imbarazzo, i giornali di mezzo mondo hanno parlato di Farm e i turisti arrivano tutti i giorni. In una città che non offriva nulla, si stanno centuplicando B&B e ristoranti e non c’è un immobile del centro storico che non sia attenzionato da una attività di ristrutturazione con destinazione turistico-culturale.
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