La nostra è una terra ricca di talenti, idee, iniziative. Una fucina d’autorevoli personalità che decidono di investire nei propri sogni e nella propria terra natia. Andrea Branciforti è architetto, designer, figlio d’arte di origine calatina. È riuscito nell’intento di legare indissolubilmente design e funzionalità, un connubio spesso di difficile realizzazione. Veicola le proprie ispirazioni nella ceramica, una materia in cui il padre, nella città calatina, è vero maestro. Il suo interesse per la ceramica trova ragion d’essere già al termine degli studi in Architettura a Palermo, con la tesi “ la ceramica dal 700 ad oggi” e si realizza definitivamente con l’attuale collezione “Improntabarre”, una serie di oggetti che rispecchiano la filosofia aziendale di una ricerca sempre presente ed aperta a nuovi linguaggi, ”…un luogo di idee sogni ed utopie che si proiettano nella realtà”.
Quanto è stata importante l’influenza di tuo padre per le tue aspirazioni?
Il percorso artistico di papà, oltre all’impegno in azienda, si è sempre alternato tra la scultura e le figurine in terracotta. Se nella scultura la sua ricerca è indirizzata ad una scomposizione geometrica della figura, ad una riflessione sulle forme arcaiche neoclassiche, nel trattare la figurina, invece, esce fuori la sua capacità di fotografare e ricreare nei dettagli i personaggi reali ed immaginari. È proprio la curiosità, la ricerca e questo cogliere l’attimo di una società sempre di corsa che mi ha trasmesso, facendomi capire che si può fare innovazione utilizzando un materiale antico lavorato anche con strumenti e tecniche artigianali. Il mio percorso però lo devo molto agli studi universitari ed in particolare al mio professore di università Michele Argentino che oltre a sostenere il mio lavoro e la mia ricerca, mi ha fatto conoscere maestri del design che hanno segnato il mio percorso, come Ettore Sottsass o Enzo Mari.
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Qual è il leitmotiv delle tue opere?
Il tema ricorrente nei miei progetti è l’ironia supportata dalla funzionalità. Se poi l’oggetto riesce a creare un legame di natura affettivo con il suo acquirente, allora è il massimo. Nel progetto “Art. in Tavola”, selezionato e presentato alla Biennale di Venezia e al Mic di Faenza, porto a tavola i 12 articoli fondamentali della Costituzione. L’idea era di rendere “visibile” il concetto degli articoli, utilizzando il carattere tipografico come strumento espressivo e il piatto da tavola come supporto. Tra gli oggetti quello a cui sono molto legato è “Etna”, un set di piatti da tavola impilabili. Un omaggio al nostro vulcano e che è stato presentato a Milano in occasione del Design Week 2014.
Come viene vista a Caltagirone la tua rivisitazione della ceramica in chiave moderna?
Questa è una domanda che posso rigirare alla mia città. Un paio d’anni fa la mia azienda ha collaborato con l’architetto Ugo La Pietra, che quando ha visto i miei lavori è rimasto molto sorpreso, definendoli come “uno studio e una progettazione netta e decisa” in rapporto alla produzione corrente. Credo che questa sia la spiegazione per il consenso che negli anni è riuscito ad avere il mio lavoro sia in città che fuori.
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Da cosa deriva la scelta del nome “Improntabarre”?
Il nome, come il logo, è l’unione di due concetti: produzione seriale e artigianato. Ovvero codice a barre, tipico di una produzione industriale e l’impronta del dito, a sottolineare che il lavoro dell’artigiano è presente in ogni fase di esecuzione dell’oggetto su cui lascia la sua impronta.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Uno dei progetti futuri è la trasformazione di Improntabarre in uno studio Handcraft & Design Laboratory, in cui prevale la ricerca e la contaminazione con altri materiali
Per un designer quanto è importante l’appartenenza ad una realtà come ADI nel territorio siciliano?
Credo di essere stato tra i primi ad aderire al progetto Adi Sicilia. Adi è riuscita a creare in Sicilia un corto circuito tra varie realtà: dalle associazioni alle scuole sino ad arrivare alle aziende. In una realtà come la nostra è importante la sua presenza sia per i molti amici e colleghi che si occupano di design ma anche per le aziende che vedono nella figura del designer una scommessa per il loro futuro.
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