A pochi mesi dalla finale mondiale di Budapest del campionato World Coffee in Good Spirits – la gara internazionale di drink a base di caffè promossa da SCA (Speciality Coffee Association) – il campione italiano Marco Poidomani si prepara ad affrontare nuove sfide, facendo suo il pensiero di Napoleon Hill, saggista statunitense dell’800: “Non devi temere la sconfitta se credi che possa svelarti poteri che non sapevi di avere…essendo tenaci si diventa vincenti”.
Il tuo motto è “non arrendersi mai”. Da cosa nasce questa consapevolezza?
Dall’esperienza in primis, ma anche dal mio carattere tenace e ambizioso (e pure un pò testardo). Ho inseguito per anni il sogno di portare a casa il titolo di campione, affrontando sfide, sacrifici, spesso ingoiando rospi amari. Non mi sono mai arreso e neppure illuso e alla fine il risultato è arrivato lo scorso gennaio, con la coppa di campione italiano di Coffee in Good Spirits.
Lo scorso giugno ai mondiali di Budapest hai rappresentato l’Italia. Cosa ti è rimasto da questa esperienza?
Partecipare alla finale mondiale è stata un’esperienza entusiasmante e formativa, non solo dal punto di vista professionale ma anche umano. Da un lato senti il peso della responsabilità di rappresentare al meglio la categoria e non deludere chi ti ha sostenuto; dall’altro trai forza e insegnamento dal confronto con gli altri concorrenti, tutti campioni nazionali provenienti da paesi di tutto il mondo e impari a gestire le tue emozioni, messe a dura prova dalla competizione.
Tra i tuoi motti c’è anche “la vera sfida è saper osare”. È ciò che fai quando crei un drink?
La continua ricerca e lo studio in questo settore in continuo cambiamento mi hanno permesso di sperimentare e ottenere nella mia carriera importanti risultati. Per chi osa, c’è il rischio di non essere compreso da molti, ma anche la soddisfazione di mettersi in gioco.
A Budapest hai portato drink al caffè ispirati alla tua terra. Da cosa è nata l’idea?
Nella mia gara ho portato un pezzo della Sicilia, tre elementi forti della mia terra: il sole, il mare e il vulcano. Gli stessi che accomunano i luoghi dove sono coltivati i monorigine che ho selezionato nei miei drink: il sole che asciuga il caffè naturale Black Lion, di Yirgacheffe in Etiopia; il mare fonte di vita come l’acqua utilizzata per il caffè semi lavato Ghesha del Costarica. Infine il vulcano: in Sicilia la sua presenza sovrasta e influenza il temperamento del popolo che lo abita, mentre nelle terre dove crescono le piante di caffè, rende le piante ancora più rigogliose.
A chi vuoi dire “grazie”?
Il primo ringraziamento va senza dubbio ai miei figli Giorgio e Ilaria e a mia moglie Valeria, che mi sostengono ogni giorno e ai quali, con grande sacrificio, spesso tolgo del tempo. Grazie anche il mio coach Andrea Lattuada, al gruppo Moak e al team di Moak People Training.
La tua prossima sfida?
Il giorno dopo la vittoria del campionato italiano ero già alla ricerca di un nuovo caffè per la preparazione del cocktail da presentare ai mondiali. Il giorno dopo la finale di Budapest ero già in sala ad allenarmi e a sperimentare nuovi drink. La mia sfida quotidiana – per il ruolo di trainer che ricopro – è non smettere di studiare, ma anche quella di saper insegnare.