Musica e caffè. Betty Senatore incontra Chiara Civello

Il caffè coinvolge tutti i sensi, come la musica. In questo numero cominciamo un breve percorso con Betty Senatore, speaker di Radio Capital, che incontrerà e ci farà conoscere personaggi del mondo delle sette note che, nel loro stile, modo di essere e raccontarsi, ricordano le miscele My Music Coffee.

Il significato del nome Chiara è “limpida e famosa” ed è quindi destino di Chiara Civello essere famosa sia in Italia che all’estero. Chiara è infatti la prima artista italiana a esordire con la leggendaria Verve Records, la famosissima etichetta di musica jazz. A 18 anni lascia Roma per andare a Boston a studiare musica alla Berklee College of Music. Collabora da sempre con importanti nomi del panorama americano e brasiliano, come Marc Collin (Nouvelle Vague), Eumir Deodato, Gilberto Gil, Chico Buarque, Esperanza Spalding, Ana Carolina. Burt Bacarach, a cui fa sempre ascoltare i nuovi lavori, ha composto un brano appositamente per lei. Viaggia continuamente fra l’Italia, New York e il Brasile.Tony Bennett l’ha definita “una garanzia, la migliore cantante jazz della sua generazione”, l’international Herald Tribune “la combinazione di personalità, profondità e sofisticatezza impressionanti”. È un’ artista che racconta nelle sua musica il mondo che vive appieno e continuamente, visto che non ama stare nello stesso posto per tanto tempo.

Nei tuoi dischi hai raccontato lo spazio – quello fra le parole e le persone, come in “The space beetwen” (2007) e nell’ultimo cd “Eclipse” (2017) -, le immagini, quelle delle suggestioni cinematografiche. Per te la musica può procedere per immagini?
Deve. Per me la musica è come una barca, mi fa attraversare luoghi e mi porta da un posto all’altro. Le immagini sono sempre state un punto forte di ispirazione per me.

Cosa rappresenta l’eclisse del titolo?
“L’Eclisse è un’ombra nel sole o un sole nell’ombra, è una macchia scura che ha il sapore del vuoto e gli argini infuocati. È la fine di qualcosa e l’inizio di altro. La vita ha tante eclissi, tanti vuoti e col tempo ho imparato a lasciarli risuonare e a farli ballare”.

In questo album hai inserito alcune canzoni da film famosi. Quali sono i registi e i film che più ti hanno influenzato?
Fellini, Elio Petri, Antonio Pietrangeli, Woody Allen, Antonioni, Bertolucci; dei contemporanei amo Xavier Dolan, Gianfranco Rosi, Garrone e “The Young Pope” di Sorrentino.
In un’intervista hai confessato che “libera” è l’aggettivo che hai usato per descrivere quella volta in cui hai comunicato ai tuoi genitori che te ne saresti andata a Boston a studiare musica.
Libera è la mia parola e i miei genitori sono stati molto bravi a lasciarmi andare via, oltreoceano a 18 anni ad inseguire i miei sogni.

Sei molto legata sia a New York che Rio de Janeiro, la città che hai detto di averti cambiato la vita. In che modo l’ha trasformata?
New York mi ha dato la libertà, la mia prima grande chance con la Verve e tante informazioni musicali importanti mentre crescevo cantando in tutti i suoi locali, mentre Rio è la città dell’allegria, della festa e dell’altra musica che amo, dove le persone sono calde e mi hanno insegnato a sorridere di più.

Il caffè che immagine riporta alla tua mente?
Il caffè è olio per gli ingranaggi del mio cervello la mattina. Lo amo e sto cercando di imparare a berlo senza zucchero come i veri esperti, ma non sono capace (sigh!).

Visti i tuoi continui viaggi, come ti organizzi per bere il caffè italiano all’estero? Sei una di quelle che porta la moka in valigia?
Il caffè italiano nel mondo è orrendo tranne qualche piccola oasi felice, tipo il Giappone dove meticolosamente, secondo me, importano pure l’aria che respira la macchina. Quello che ho imparato a fare è bere il caffè come lo fanno gli indigeni e disattivare i confronti, altrimenti è un fiasco assicurato.