Si chiama Vitæ ed è il progetto sostenuto da Moak per ridare una nuova vita alla barca sottratta agli scafisti.
In latino vuol dire vita. Il primo, il più inalienabile ed inviolabile fra i diritti umani. Vitae è il nome con cui è stata ribattezzata una delle tante imbarcazioni sottratte agli scafisti per il trasporto illecito di migranti. Il natante Ceyar – una barca a vela monoalbero di 13 metri – è stato affidato lo scorso anno alla Lega Navale Italiana di Pozzallo, perché lo destinasse ad attività ludico-sociali. Un progetto e un fine che Moak ha voluto fortemente sostenere e condividere.
Vitae ha mollato gli ormeggi e spiegato le vele lo scorso agosto, in un momento storico in cui temi come l’accoglienza e l’unione di culture diverse erano (e lo sono ancora) particolarmente sentiti. Ha levato l’ancora dal porto di Pozzallo, “la città dei migranti”, il porto che, in assoluto, ha visto l’approdo del maggior numero di migranti in Italia. Se acqua sta a vita come vita sta ad acqua – elementi e valori intimamente connessi – Vitae vuole essere esempio di Arca del Mediterraneo, cullata da quelle stesse acque che custodiscono storie di uomini e donne vittime di eventi devastanti. Una barca che ha concorso a portare in salvo numerose vite umane alla stregua di un’arca capace di custodire la speranza di sopravvivenza e la possibilità di un nuovo inizio.
Il progetto promosso da Moak e dalla Lega Navale continuerà a dare vita ad attività didattiche rivolte ai giovani, secondo i diversi gradi di scolarizzazione, attraverso laboratori di cittadinanza attiva e di educazione alla tolleranza, al confronto e al dialogo interculturale; oltre ad iniziative destinate alla salvaguardia e alla tutela del mare.
Per Moak chi fa impresa ha anche il dovere di fare educazione e cultura del bene. La scelta di sostenere progetti culturali – sia propri sia in sinergia con il territorio – contribuisce a rendere un’impresa etica e responsabile e a creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto.
Il video della prima traversata