Il gruppo elettropop torna dopo dodici anni con un nuovo album, Heimat.
Nell’arco di 10 anni Carlo Bertotti e Flavio Ferri, l’anima dei Delta V, ci hanno regalato degli album che sono stati piccoli gioielli di elettropop, con canzoni come Il mondo visto dallo spazio, Un colpo in un istante, le cover di Se telefonando e Un’estate fa. Poi, dodici anni fa, con grande onestà intellettuale, decidono di fermarsi perché non trovano l’ispirazione che cercano. A distanza di qualche anno ritornano, però, con un nuovo progetto, una nuova voce femminile e un disco che racconta la nostra epoca, ma che è anche al contempo un ritorno a casa, dato che si intitola “Heimat”.
Martina Alberti, detta Marti, è la nuova cantante dei Delta V, dopo Francesca Turé e Gi Kalweit. Per te questo disco più che un ritorno a casa, è una partenza…
Ognuno ha un heimat, un ritorno a casa, che riconosce in cose diverse. In questo progetto ho ritrovato quella casa di cui si ha bisogno quando, dopo aver recuperato le proprie radici, si ha voglia di continuare un percorso successivo. Capita quando non ci si riconosce nella società che si ha di fronte e c’è bisogno di una forza speciale che ci fa ripartire.
Quando i Delta V, dodici anni fa, hanno deciso di prendersi una pausa tu avevi appena 20 anni. Come sei entrata in contatto con i ragazzi del gruppo? Li conoscevi già?
Io li ascoltavo alla radio, ma il nostro incontro è avvenuto totalmente per caso. Stavo lavorando con Carlo a un documentario sulle automobili. Lui sapeva che ero anche una cantante e ha voluto farmi fare i provini delle nuove canzoni che aveva preparato con Flavio. Hanno sentito diverse cantanti, ma finivano sempre per preferire la mia incisione e da un semplice provino sono entrata nel gruppo!
Una delle canzoni dell’album,”Domeniche di agosto”, racconta un amore fra 16enni: “…forse ero felice e tu curavi i miei mali”. Sei una di quelle persone che comprende la felicità quando la sta vivendo o, come nella canzone, la comprende solo dopo?
Dipende dalle situazioni, non sempre si ha la lucidità per capire che in quel preciso momento si è felici. Nel testo della canzone si parla della felicità che scaturisce da un amore estivo che, però, si comprende soltanto una volta tornati a casa. E’ quel momento in cui rimane l’amaro in bocca e la consapevolezza che non potrai mai rivivere una sensazione del genere. L’album dà una visione dello stato attuale delle cose, ahimé molto in crisi a tutti i livelli.
Raccontare bene una crisi come avete fatto voi in Heimat, secondo me, non è facile senza diventare troppo malinconici.
Non c’è una ricetta, credo non si debba semplicemente mediare né scendere a
compromessi, ma lasciare fluire. Abbiamo detto esattamente quello che ci sentivamo di dire senza censurarci. Abbiamo descritto la realtà per come la vediamo ed è per questo che ci ha fatto venire la voglia di tornare alle radici, per riannodare i fili, migliorare le cose e ripartire.
La situazione attuale è caratterizzata da un’assenza di una scelta vera, che riguarda anche la musica. Spesso non si ascoltano più le parole, ma si mette tutto in sottofondo e i giudizi si basano su frasi prese a caso. La pensi così anche tu?
In Italia c’è una forte mancanza di conoscenza che ci fa discernere cosa è bello
oppure no. E’ come se non fossimo proprio educati al bello. Ho letto che c’è il
rischio che venga tolto dalle scuole lo studio della storia dell’arte e se ciò dovesse diventare realtà saremmo ancor di più persone che viaggiano sulla superficie e non in profondità e se la superficie è troppo vasta non riuscirai mai a scendere in profondità.
«Bisogna essere presenti anche nel silenzio» Una frase che trovo stupenda. Il silenzio per un musicista esiste? E tu come lo vivi, lo cerchi oppure lo rifuggi?
Quando tutto si svuota sei portato a fare i conti con te stesso. Ciò ogni tanto fa paura però è anche salvifico. Abbiamo scelto di fare un video in controtendenza. Adesso è tutto veloce e noi, invece, abbiamo voluto rallentare fino a raddoppiare la durata della canzone.
Che tipo di caffè prendi e quale offriresti a Flavio e a Carlo?
A Flavio offrirei un ristretto perché è vulcanico ma a volte trattenuto, mentre a Carlo un caffè lungo perché è un tipo molto riflessivo. Io scelgo il tipo di caffè in base al momento della giornata. Ne prendo uno americano appena mi sveglio e l’espresso al bar.
Li aspettiamo per offrirgli un caffè durante il loro tour estivo. Tenete d’occhio le date sul loro sito.