Sicilia in rosa. Lucia Sardo, un’attrice senza maschere

Il suo volto, il suo carattere curioso e pieno di passione mostrano la sua vera anima, quella di una donna che pensa che essere una vera attrice vuol dire esprimere se stessi, senza dover avere necessariamente un’ottima dizione. Lucia Sardo è una delle artiste siciliane che ha scelto i ruoli da interpretare seguendo il principio della qualità dei caratteri dei personaggi. Dopo quindici anni di attività teatrale approda al cinema con “La discesa di Aclà a Floristella” di Aurelio Grimaldi. Uno dei ruoli che l’ha resa più famosa è quello di Felicia Impastato, madre di Peppino Impastato nel film “I cento passi”, di Marco Tullio Giordana. Negli ultimi anni lavora anche in fiction televisive. Dal 2008 organizza corsi di recitazione teatrale incentrati sul teatro contemporaneo dal ’900 ad oggi. Al nostro incontro arriva avvolta da un abito nero, dello stesso colore della sua folta chioma e dei suoi occhi fortemente comunicativi. Occhi che si illuminano mentre parla di se in questa intervista.

Com’è cambiato il cinema dai tuoi esordi ad oggi?

Forse è meglio dire come è peggiorato. Negli ultimi anni, purtroppo, si produce solo un quarto dei film rispetto al passato. Questo ha fatto sì che la cultura del cinema, una delle ricchezze del nostro Paese, abbia meno possibilità di essere valorizzata ed esportata.

Quale personaggio tra quelli che hai interpretato è riuscito a segnarti maggiormente?

Felicia Impastato, ovviamente. Non solo dal punto di vista professionale; I cento passi è un film che mi ha portato quasi all’Oscar. Mi sono innamorata di Felicia perchè ho interpretato un personaggio reale, non inventato. L’ho incontrata, siamo diventate amiche e da anni porto nei teatri uno spettacolo dedicato a lei “La madre dei ragazzi”. Quando parlo di Felicia non voglio fare riferimento alla mafia, ma a una donna forte e alla forza delle donne, a quelle senza alibi né paure.

 

Qual’è stato lo stimolo che ti ha portata ad avvicinarti al mondo della politica?

Provengo da una famiglia di politicanti. Mio padre era un militare, ma anche appassionato di politica. Anche io lo sono stata sin dai tempi dei comitati studenteschi. Quando Rita Borsellino mi chiese di scendere in campo, lo feci perchè credevo e credo in lei come donna e nei suoi ideali. Oggi però la politica non mi interessa come un tempo.

Ritieni che si possa essere bravi attori pur saltando la classica gavetta, come accade di recente per i giovani, o il sacrificio è la strada per il successo?

In realtà io credo che l’attore vero sia chi si esprime con il corpo. Non serve una vera dizione (fa il verso della “o” chiusa). Io non l’ho mai studiata. La gente ha bisogno di storie vere, che possano essere interpretate da personaggi veri, non costruiti, con il loro dialetto, il loro modo di comunicare. Così come non serve essere belli e stereotipati per avere successo. È importante più che la faccia, quello che c’è dietro la faccia.

Sogno nel cassetto?

Da tempo mi dedico alla scrittura e alla sceneggiatura. Il mio sogno (che forse non rimarrà a lungo nel cassetto) è quello di veder realizzare un film sui i miei personaggi.

Domanda d’obbligo: il tuo rapporto con il caffè?

Il mio carattere energico ed impetuoso mi impedisce di abusarne. Per questo bevo decaffeinato e orzo. Ciò a cui non posso e non voglio rinunciare è invece il profumo che emana la moka.

Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Summertime – Janis Joplin