Niccolò Ammaniti: dalla letteratura alle serie televisive.

Niccolò Ammaniti con Francesca Manieri e Giuseppe Lorenti

Incontro con Niccolò Ammaniti al talk di Radicepura sui modelli narrativi e i linguaggi televisivi.

Poche volte ho avuto l’impressione che il cinema potesse spiegare meglio della scrittura le mie idee. Stavolta sì, ho capito che solo il cinema poteva dare forza al sangue“.

Le parole sono di Niccolò Ammaniti, forse tra gli scrittori noir italiani più visionari ed intimisti, autore di numerosi bestseller e reduce dal grande successo della serie Il Miracolo (Sky Atlantic HD) che porta la sua firma come regista e co-sceneggiatore. Lo abbiamo incontrato a Radicepura all’apertura della rassegna letteraria sul giallo “La ginestra sul cortile”. Un talk confidenziale e coinvolgente, insieme a Francesca Manieri, in cui ha raccontato come è passato dalla scrittura alla macchina da presa, dallo stare da solo al ritrovarsi improvvisamente la casa stracolma di gente. Dal consumare di tanto in tanto qualche tazzina di caffè (rigorosamente moka), al dover mettere sù la caffettiera più volte al giorno per recuperare energia.
ammaniti

Cosa vuol dire per uno scrittore mettersi dietro ad una macchina da presa?

Significa cominciare una nuova avventura, completamente diversa: si passa dallo stare da solo allo stare con gli altri. Ti ritrovi a far vedere a persone che lavorano con te quello che ti sei immaginato e che normalmente scriveresti da solo. E’ un impegno più che mentale emotivo, soprattutto per uno come me abituato da sempre a lavorare da solo e doversi invece confrontare con centinaia di domande con centinaia di persone. Devo ammettere, però, che quando abbiamo finito di girare le scene e mi sono ritrovato in una stanza nuovamente da solo insieme al tecnico del montaggio, ho provato nostalgia e solitudine.

Quanto questa esperienza ti ha cambiato nell’approccio con il tuo pubblico di lettori?

Purtroppo me li sono un pò dimenticati i lettori. Non avendo più scritto (l’ultimo romanzo “Anna” risale al 2015) adesso si chiedono quando uscirà un mio prossimo libro. Nell’ultimo anno e mezzo ho praticamente lavorato solo a Il Miracolo. Non ho avuto tempo per scrivere. Voglio recuperare il rapporto con loro. Promesso (sorride).

Fabrizio Pietromarchi

Un intimismo che ritroviamo nella serie di grande successo Il Miracolo: il protagonista tiene per sé la scoperta del fenomeno soprannaturale, non rivelando al mondo esterno l’esistenza della statuetta della Madonna che piange sangue.

Ho immaginato che sarebbe stato interessante pensare a come un uomo di potere (e ateo), che rappresenta gli italiani, si sarebbe trovato di fronte ad un fenomeno inspiegabile che può cambiare il destino e la vita di tante persone fino a sconvolgerne l’esistenza. A differenza di tanti politici (che si sarebbero giocati la carta della notorietà) lui lo tiene nascosto, dimostrando grande serietà. Una scelta che condiziona la sua vita e quella delle poche persone che vengono a contatto con il miracolo e che fino alla fine non viene svelato.

Ci sarà una seconda stagione o a ciascuno la propria libera interpretazione?

Non credo ci sarà una seconda stagione. Non abbiamo voluto dare una sola risposta o una sola spiegazione (altrimenti non si parlerebbe di mistero della fede). Il Miracolo ha voluto far emergere “la questione fede” e il rapporto che ciascuno ha con essa.  Ciascuno spettatore (sia esso religioso, ateo o scienziato) trova nel finale le “sue” risposte.

Perché oggi il pubblico sembra appassionarsi sempre più alle serie televisive? 

Le serie, come i film, hanno codici restrittivi rispetto alla libertà di narrazione, spesso imposti dai produttori. La serialità televisive, un pò come nella letteratura, forse regala al pubblico più dettagli e permette agli autori di aprire anse parallele rispetto alla storia principale o ai protagonisti. Personalmente sono stato fortunato, perchè i produttori mi hanno concesso diverse libertà (anche quella di rigirare alcune scene, che non mi avevano convinto in fase di montaggio).

Il caffè quanto ti tiene sveglio? Preferisci la ritualità e assaporarne la lentezza o l’espresso preso al volo?

Bevo il caffè quando ho la sensazione di essere stanco. Durante le riprese, infatti, ho bevuto tantissimo caffè. Sicuramente preferisco la moka al caffè espresso.